Intervista a Marcello Mariuzzo, vice-presidente di Lunaria
Coordinatore
dei programmi
di volontariato internazionale, dei
progetti
di animazione giovanile e di quelli rivolti
ai senior
•Silvia:
Inizierei spiegando di cosa si occupa la vostra associazione..
Marcello: Lunaria è un’ associazione che dal 1992 si
occupa di diverse attività, molte delle quali legate ai giovani. Uno degli
obiettivi istituzionali dell’associazione è infatti quello di incoraggiare la
partecipazione di tutti, in particolar modo dei giovani, alla vita democratica,
ai cambiamenti sociali e ad iniziative di solidarietà. Ciò è possibile
attraverso l’utilizzo di diversi strumenti come ad esempio il programma
Erasmus+ che ci permette di progettare, insieme ad altre associazioni europee e
non solo, iniziative sia formative che di scambio culturale in cui coinvolgiamo
ogni anno circa un migliaio di ragazzi italiani e stranieri. Si tratta di
ragazzi tra i 18 e i 30 anni interessati a sviluppare competenze di tipo
sociale nell’ambito di tematiche specifiche (inclusione sociale, crisi dei
migranti, parità di genere, disabilità) o che vogliano partecipare a campi di
volontariato internazionale. Questi ultimi si mettono a disposizione delle
comunità locali al fine di realizzare progetti di riqualificazione, ripristino
di aree verdi e spazi sociali, organizzazione di festival. Complessivamente,
sono circa 2000 i ragazzi coinvolti, di cui un migliaio in campi, training e
scambi. Lunaria organizza anche iniziative seminariali, presentazioni di libri,
campagne di sensibilizzazione…Tutto questo ha ovviamente delle necessità
logistiche per cui abbiamo a disposizione due location (ad Orvieto ed a Poggio
Mirteto) destinate ad attività di
formazione e scambio mentre, per quanto riguarda i campi di volontariato in
Italia, ci appoggiamo direttamente alle strutture offerte dalle comunità locali
che ci ospitano. Purtroppo, a causa dei costi proibitivi, non abbiamo la
possibilità di affittare strutture all’interno del comune di Roma.
•S:
Per cui la necessità di appoggiarsi a
queste strutture è temporanea…
M:
Momentaneamente ci limitiamo a 3 mesi all’anno; se avessimo a disposizione un
nostro spazio, le attività potrebbero sicuramente essere implementate. Spesso
ci troviamo costretti a rifiutare richieste di organizzazione di eventi in
Italia, da parte della nostra rete europea, proprio a causa di questo deficit
di strutture. I fondi europei ci permettono di coprire i costi di locazione di
alcune strutture ma non di assumerne la gestione.
•S:
Nei nostri programmi di progetto è indispensabile inserire una percentuale di
«living». Durante le mie esperienze di gemellaggio e scambio culturale ho sempre trovato ospitalità presso le
famiglie del posto, quindi ,secondo la mia percezione, dovrebbe trattarsi di
una componente meno preponderante
rispetto alle altre. È una percezione esatta oppure avreste
effettivamente necessità di disporre di spazi residenziali?
M:
In realtà una componente di residenze potrebbe rivelarsi molto utile per
ospitare volontari sia del servizio civile che del volontariato europeo. Ad
esempio nella Maison des Volontaires, a Parigi, i volontari pagano un
canone bassissimo usufruendo di un piccolo appartamento con alcuni servizi in
comune ed hanno a disposizione un’ aula di formazione, uno spazio sociale, etc.
In molti centri di formazione europei è prevista quasi sempre una parte di
residenze riservate allo staff che gestisce la struttura durante tutto il corso
dell’anno.
•S:
Che
tipo di ritorno economico potremmo pensare per un centro che svolga attività
del genere? In parole povere, come potremmo generare fondi per sostenere i
costi di gestione?
M:
Si potrebbe immaginare un mix tra ospitalità a fini sociali ed ospitalità a
fini di turismo sociale/culturale. Avendo a disposizione una struttura tutta
nostra, continueremmo ad usufruire dei finanziamenti europei al netto dei costi
di locazione ed in più avremmo la possibilità di ospitare, a periodi alterni,
sia volontari che turisti (ad esempio «backpackers»). Allo stesso tempo potremmo
offrire alla comunità locale, a canoni ribassati, l’affitto di aule, sale
conferenze, attrezzature sportive. In
una realtà come quella romana, in cui il tasso di recettività turistica è
altissimo, un simile sistema di finanziamento potrebbe rivelarsi sicuramente
molto realistico.
•S:
Quali sono nello specifico gli spazi di cui avreste bisogno, oltre alle
residenze?
M:
Gli spazi esterni sono estremamente importanti per svolgere gran parte delle
attività, specialmente nella nostra zona climatica che ci permette di
approfittarne appieno. Parallelamente abbiamo anche bisogno però di una sala
che si presti ad ospitare sia corsi frontali di formazione che attività
informali, sportive, ludiche (circa 150 mq) e di alcune stanze per lavori di
gruppo. La zona all’aperto resta comunque quella più rilevante perché
garantisce un notevole «benessere educativo».
•S:
E per quanto riguarda il personale?
M:
Di sicuro il quartier generale rimarrebbe qui nella nostra sede attuale, per
ovvi motivi logistici, primo fra tutti la centralità della posizione e la
facilità di raggiungimento tramite i mezzi pubblici. Ipotizzando di installare
a Tor Sapienza una nostra struttura, avremmo bisogno di circa sei postazioni
(40 o 60 mq) che si occupino della gestione ordinaria/amministrativa della
sede, della pianificazione delle attività da organizzare in loco e che facciano
da tramite con la sede centrale.
Oltre
agli uffici, avremmo bisogno di una cucina in grado di preparare pasti per
gruppi composti da un minimo di 15 a un massimo di 40 persone e quindi anche di
una sala mensa. Di conseguenza dovremmo prevedere circa 40 posti letto e almeno
4 residenze riservate allo staff, separate da quelle collettive. La mensa
potrebbe tranquillamente essere sfruttata come luogo di ritrovo per la sera
anche se sarebbe carino avere diversi tipi di spazi, anche più raccolti,
destinati alla convivialità.
CONTATTI
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